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Focus: il divieto di attuare discriminazioni sessuali

Nel nostro ordinamento vige il principio costituzionalmente garantito dell’uguaglianza professionale tra i lavoratori (art. 3 Cost.); la nostra costituzione, infatti, riconosce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, la stessa retribuzione che spetta al lavoratore uomo (art. 37 Cost.).

Tale principio impone pertanto al datore di lavoro il divieto di attuare discriminazioni tra i dipendenti legate, appunto, a ragioni di sesso.

Con la L.198/2006, il legislatore ha chiaramente stabilito come è vietata qualsiasi tipologia di atto discriminatorio fondato sull’appartenenza di genere, riguardante:

– l’accesso al lavoro (qualunque sia il settore e a qualsiasi livello);

– il trattamento retributivo;

– la classificazione professionale e di conseguenza l’attribuzione di qualifiche e mansioni e le progressioni in carriera.

Secondo la legge, inoltre, si può parlare sia di discriminazione diretta (azioni volte a pregiudicare direttamente un lavoratore per ragioni legate al sesso di appartenenza) sia di discriminazione indiretta (quando una prassi oppure un comportamento seppur indiretto mettono un lavoratore di un determinato sesso in una posizione svantaggiata).

A tutela dei lavoratori, il nostro ordinamento prevede la nullità di tutti gli atti datoriali volti a discriminare per motivi di sesso un lavoratore.

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